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Responsabilità medico-sanitaria

Importante principio di diritto confermato dal Tribunale penale di Rimini, in materia di inutilizzabilità degli atti irripetibili in assenza di notifica ai possibili interessati dell’avviso di compimento degli atti stessi.

In un processo che vedeva coinvolti alcuni medici, imputati del decesso di un paziente, il tribunale di Rimini ha accolto la tesi difensiva sostenuta dal nostro studio della inutilizzabilità della perizia autoptica fatta svolgere dal P.M. per violazione dell’art. 360 comma 1 c.p.p.

La norma richiamata, come è noto, impone al Pubblico Ministero che disponga lo svolgimento di un accertamento tecnico irripetibile l’obbligo di dare avviso alla persona sottoposta alle indagini dell’effettuazione dell’atto prima del suo svolgimento, al fine di garantire la possibilità di prendervi parte, di nominare un consulente ovvero di richiedere l’espletamento di incidente probatorio, ove ne ricorrano i presupposti.

Sul punto, preme evidenziare come la Suprema Corte ha più volte ribadito che “l’avviso relativo all’espletamento di un accertamento tecnico non ripetibile, con la conseguente assicurazione dei diritti di assistenza difensiva, deve essere dato anche alla persona che, pur non iscritta nel registro degli indagati, risulti nello stesso momento raggiunta da indizi di reità quale autore del reato oggetto delle indagini” (Cass. Pen. Sez. 2, n. 34745 del 26/04/2018, (dep. 23/07/2018) Rv.273543-01; Cass. Pen. Sez. 5, n.5581 del 08/10/2014 (dep.05/02/2015) Rv.264216; Cass. Pen. Sez. 5, n.6237 del 21/12/2010 (dep. 18/02/2011) Rv. 249296).

Alla stregua del principio affermato dalla giurisprudenza di legittimità, deve ritenersi che l’avviso imposto dall’art. 360 c.p.p. debba essere diretto anche al soggetto che, seppure non sia ancora stato iscritto come indagato del reato, risulti gravato da sufficienti indizi di reità, seppur non gravi e puntuali, da individuarlo come potenziale autore delle condotte criminose da accertarsi.

Non deve ritenersi sufficiente ad escludere il richiamato obbligo la circostanza che, al momento dell’autopsia, gli autori delle condotte non siano ancora formalmente qualificati come indagati, né che non sia ancora stato sciolto il dubbio sulla effettiva sussistenza di un fatto valutabile come ipotesi di reato, che costituisce peraltro il presupposto fondante la decisione di svolgere l’accertamento tecnico.

Le garanzie di cui all’art. 360 c.p.p., devono infatti ritenersi indirizzate a tutti coloro i quali siano individuabili come presumibili autori del reato – potendosi riconoscere la sussistenza di un quadro indiziario, ancorché non grave, a loro carico – al fine di consentire a chi è suscettibile di subire l’azione penale di difendersi in relazione a tutti gli atti di indagine per i quali sia prevista la facoltà di partecipazione della difesa, i cui esiti possano incidere sull’accertamento dei fatti di reato poi eventualmente contestati (Cfr. da ultimo Cass. Pen. Sez. 4, n. 16891 del 4.5.2021).

Il tribunale di Rimini, sulla scorta di questo principio, ritenuto non applicabile dal GUP nella udienza preliminare e dallo stesso giudice del dibattimento,con una ordinanza interlocutoria, ha dichiarato “…l’inutilizzabilità degli esiti della autopsia svolta sulla persona offesa, per violazione dell’art.360 comma 1 c.p.p…..Non deve ritenersi sufficiente ad escludere il richiamato obbligo la circostanza che, al momento della disposizione dell’autopsia, gli autori delle condotte non siano ancora formalmente qualificati come indagati, né che non sia ancora stato sciolto il dubbio sulla effettiva sussistenza di un fatto valutabile come ipotesi di reato, che costituisce peraltro il presupposto fondante la decisione di svolgere l’accertamento tecnico…Non appare dirimente il fatto che non venisse esplicitamente prospettata un’ipotesi di colpa medica e che non fossero individuati nominativamente tutti i possibili responsabili…..appare significativo in tal senso la circostanza che, a seguito della presentazione dell’atto da parte della xxxx, il Pubblico Ministero avesse richiesto l’acquisizione non solo della cartella clinica della persona offesa, ma altresì, la lista dei nominativi del personale sanitario che aveva avuto in cura il paziente…Pur in presenza di tale richiesta e prima che la stessa venisse evasa….era stato disposto….l’esame autoptico del cadavere….senza che dello stesso fosse dato avviso agli imputati, che potevano agevolmente essere individuati attendendo l’esito della delega d’indagine disposta….dalla riscontrata violazione discende ai sensi dell’art.191 c.p.p., l’inutilizzabilità dell’elemento di prova derivato dagli accertamenti svolti in assenza delle dovute garanzie difensive imposte dalla legge. Deve pertanto ritenersi integralmente modificata l’ordinanza resa all’udienza del 15.09.2020, con la quale era stata rigettata la richiesta di declaratoria di inutilizzabilità dell’elemento di prova derivato dagli accertamenti svolti…”

A seguito della declaratoria di inutilizzabilità, poi, il tribunale ha conseguente affermato: “l’inutilizzabilità delle dichiarazioni dibattimentali rese dai consulenti consistenti nell’illustrazione dei risultati dell’autopsia dichiarati inutilizzabili, in quanto aventi come presupposto l’attività di indagine svolta in violazione delle garanzie imposte dalla legge”

Il Tribunale ne trae quindi le necessarie conseguenze: “..In assenza di elementi probatori legittimamente valutabili ai fini dell’accertamento della causa del decesso…., è preclusa qualsivoglia considerazione in ordine all’eventuale efficienza causale delle condotte dei sanitari sulla produzione dell’evento mortale…”ed assolve tutti i medici imputati da ogni responsabilità, affermando, altresì, che le a argomentazioni sollevate dalla difesa anche nel merito della condotta dei sanitari, conducono obbligatoriamente alla sentenza di assoluzione.